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“La nuova tecnologia ha sviluppato potenzialità intellettuali operando, però come effetto secondario, l’impoverimento(se non addirittura la totale rimozione), del mondo immaginale, emotivo, e sentimentale che nell’epoca pre-tecnologica erano i tratti che caratterizzavano la nostra vita intima.” Da “il libro delle emozioni” di Umberto Galimberti.

La vita di oggi ha fatto in modo che non ci sia aspetto relazionale che non passi attraverso la tecnologia. Lo smartphone e l’accesso ad internet hanno reso molti servizi utili cambiando radicalmente le nostre vite, ma in molti aspetti, purtroppo, persino peggiorati.

Proviamo ad immaginare se siamo in luogo dove non c’è campo: ci sentiamo immediatamente persi, sconfortati, angosciati al punto che l’ordine dei medici mondiali ha dichiarato la NOMOPHOBIA, ossia no-mobile Phobos, (paura dell’assenza del cellulare).

In ogni luogo troviamo persone che osservano uno smartphone, camminando, da seduti, sui mezzi di trasporto, in poche parole questo oggetto controlla il nostro comportamento e le nostre abitudini.

Mediamente tocchiamo il cellulare 2.617 volte al giorno, ci connettiamo in internet 6 ore al giorno, pubblichiamo 66 miliardi di foto al giorno su Instagram in tutto il mondo e inviamo 42 miliardi di messaggi al giorno, sempre in tutto il mondo, (indagine ISTAT 2016). Tutte queste abitudini hanno portato disagi sulla postura. Basti pensare che la nostra testa pesa sul corpo circa 5 kg se rimaniamo in posizione eretta, ma se la spostiamo verso il basso, ad esempio proprio per guardare un cellulare, arriva a pesare anche fino a 27/30 kg.

Tale postura, di conseguenza tende a portare le scapole verso l’esterno e ad avere tutta la catena cinetica posteriore in continua tensione, provocando notevole cifosi. Ci rende psicologicamente persone più insicure chiudendoci in avanti, al contrario, è notevole come cambia in positivo il nostro modo di pensare già soltanto se portiamo la testa alta e il petto in fuori.

Si perde momentaneamente la visione periferica e tutti i riferimenti presente nell’ambiente circostante, restringendo il campo visivo,(la neuroscienza ci dice che più informazioni riusciamo a decodificare nell’ambiente e migliore sarà la nostra risposta anche in termini di tempi di esecuzione).

Tale decodifica si riacquistarla subito dopo aver distolto l’attenzione, ma se tale status viene prolungato nel tempo il rischio di creare un danno permanente è reale.

Da precisare che la visione centrale è adibita a “vedere meglio” per usare un linguaggio attuale, ha più pixel, mentre la visione periferica è adibita alla decodifica di tutto ciò che è in movimento.

Come tale problema sia reale lo si può capire grazie ad un’effetto visivo denominato “Lilac Chaser”, che si può sperimentare cercando i numerosi video presenti in rete.

L’effetto consiste nel fissare un punto posto al centro di un cerchio composto da palline che, lampeggiando in sequenza generano un effetto di rotazione. Ora se fissiamo il punto centrale pian piano spariranno le palline lampeggianti.

La distrazione da cellulare sta diventando fatale portando, purtroppo, a notevoli incidenti sia nella fase di attraversamento stradale,(negli usa nel 2016 sono morti 6.000 pedoni per disattenzione), sia nella fase di guida nonostante sia severamente vietato,(250.000 persone all’anno perdono la vita nel mondo per guida col cellulare).

Guidare e lanciare uno sguardo al volo sul cellulare comporta già una semplice correzione nella guida. 1Sec. a 50 km/h equivale a circa 15 Mt percorsi senza guardare la strada.  Una media statistica rivela che si guarda il cellulare alla guida con una frequenza che varia da 1 a 4 Sec. con punte anche di 10, ossia si arriva a guidare per una distanza di 150 Mt al buio.

Questo attrezzo oramai ci porta a perdere di continuo la concentrazione. Lavorare e averlo nelle vicinanze comporta una tendenza a controllare le notifiche anche se non arrivano. Si crea perfino la vibrazione fantasma dove la sensazione che il cellulare stia vibrando sembri reale, ma così non è. Ci porta ad avere sempre uno stato d’attesa di un suono o segnale creando una sorta di ossessione nella nostra testa e una compulsione nell’azione.

E’ oramai usanza consultare lo smartphone prima di andare a dormire ma bisogna sapere che in quel momento, ricevendo continui flussi di luce blu, il nostro cervello si sveglia perché per milioni di anni siamo abituati a decodificare il blu come la luce del giorno alzando cosi il livello di attenzione e interrompendo la produzione di melatonina, che è l’ormone del sonno.

Nel sonno ci sono varie fasi in cui si fortifica una parte importante della memoria, ossia la “consolidazione”, quindi se non si dorme bene per via dell’uso del cellulare, verrà meno la memoria. Una soluzione è interrompere l’utilizzo del cellulare almeno 30 minuti prima di dormire.

Ci saremo domandati che differenza ci sia tra leggere un libro o seguire un social sul cellulare.

La differenza sostanziale è data dal fatto che leggere un libro, si segue passo passo ciò che si legge, mantenendo la concentrazione e favorendo lo sviluppo della fantasia, (mentre leggo immagino).

Seguire un social network, si è di continuo distratti passando velocemente da un’immagine ad un’altra senza capire il contesto. Ci si abitua a veder scorrere immagini velocemente portando così ad un problema che è in sostanziale aumento: l’analfabetismo funzionale, ossia la totale incapacità di comprendere un brano scritto pur avendolo letto. l’Italia risulta seconda in Europa, dietro la Turchia, con un 28% dei giovani con tale problema.

Per saperne di più invito a seguire su Rai Play la trasmissione “iperconnessi”. https://www.raiplay.it/video/2018/10/Presa-Diretta-Iperconnessi- a5d6226e-1fd2-450d-a8e7-ecd622413b20.html

Ma perché reagiamo in tale modo?

Le tecnologie sfruttano un comportamento che ci portiamo avanti da milioni di anni, ossia la sopravvivenza, dove al minimo rumore tendevamo ad agire, a voltarci, a controllare.

Un cellulare che squilla o una notifica che arriva, attiva gli stessi circuiti neurali, portandoci a reagire immediatamente per controllare, di certo non più per sopravvivere,(forse), ma per avere la felicità di una qualche novità soddisfacente,(che avvolte neanche arriva), creando cosi un circolo vizioso, una vera e propria dipendenza.

I creatori dei social network conoscono benissimo questi meccanismi che si basano sul comportamento operante e sulla ricompensa come rinforzo positivo, creando cosi un nuovo comportamento che prende il nome di risposta operante,(vedi gli esperimenti del prof. B.F. Skinner).

Ma perché si forma tale dipendenza? Cosa avviene nel nostro cervello?

Secondo i ricercatori dell’Università di Ghent in Belgio, giocare spesso può contribuire a modificare la struttura interna del cervello, favorendo un aumento di “materia grigia” in un’area nota come “striato ventrale”, zona in cui risiede il “centro del piacere” e della “ricompensa”.

Se infatti, alcuni studiosi americani avevano già indagato sul perché sia così piacevole pigiare tasti e cliccare col mouse, questa nuova sperimentazione ha analizzato il volume e la struttura del cervello di giocatori abituali, effettuando le relative comparazioni con chi invece si dedica molto meno ai “mondi virtuali”.

Così, il team di esperti, coordinato dalla dottoressa Simone Kuhn, ha esaminato più di 150 ragazzi 14 enne che impugnavano una consolle di gioco tra le 9 e le 12 ore settimanali, notando che la massa cerebrale dello striato ventrale, era più grande rispetto a quella degli altri giocatori occasionali.

A questo proposito, i risultati dello studio, (pubblicati sulla rivista Translational Psychiatry nel 2013), sottolineano che “lo striato ventrale assume un ruolo significativo quando ci si sottopone ai videogiochi assiduamente e questo può favorire lo sviluppo di dipendenze comportamentali”. Infatti le differenze nel cervello di un giocatore erano le stesse di quelle presenti nei cervelli di chi era dipendente da droghe, alcol e gioco d’azzardo.

Una  ulteriore  ricerca  ha  evidenziato  che  gli  appassionati  di videogiochi violenti, hanno una minore attività del lobo frontale inferiore sinistro e della corteccia cingolata anteriore, due aree del cervello associate all’empatia, al rilevamento di errori e all’elaborazione dei problemi.

Gli effetti diminuiscono con l’astinenza dai videogame, ma non scompaiono del tutto.

In conclusione si direbbe proprio che abusare di videogiochi ed Internet spenga sensibilmente le capacità di provare emozioni e di partecipare alle emozioni altrui,(empatia), di condividere esperienze reali con amici reali, (diminuita socializzazione), di muoversi e percepire il proprio corpo nello spazio, di apprendere, memorizzare, di fantasticare e di sognare……

Proviamo a riportare tali problemi nella vita di uno sportivo come nel nostro caso di un calciatore.

Il calcio è movimento quindi se diminuisce la decodifica periferica i danni saranno notevoli:

Non si decodifica più nel modo ottimale spazio e tempo di tutto ciò che è in movimento, (dalla palla ai compagni, agli avversari, ecc). Potrei avere in una fase di gioco l’attenzione visiva centralmente e non mi accorgo di un avversario nelle immediate vicinanze laterali. Proviamo a pensare a talenti come Messi o Maradona che riuscivano a prevedere la mossa di un avversario che arrivava lateralmente, riuscendo così a trovare soluzioni non prestabiliti in precedenza ma istantanee, in base a cosa vedeva in quell’esatto momento. Un portiere deve riuscire ad intercettare la palla in un punto esatto nello spazio, nel momento giusto sfruttando una risposta, (al di là della soluzione tecnica),motoria di tipo “feed- forward” dove la parte visiva è determinante per la scelta di quel momento.

Ma soprattutto il danno maggiore deriva dalla mancanza della consolidazione della memoria che, per effetto di un riposo poco efficiente ci si ritrova ad interagire con atleti il quale ogni seduta sembra come la prima, ossia, non ci sono tracce mnemoniche delle precedenti diventando così un continuo ricominciare da capo.

In atleti in fase evolutiva il danno è inimmaginabile!

Consiglio di evitare l’utilizzo di cellulari almeno 1 ora prima di entrare in campo.

Per esperienza personale, per via del troppo utilizzo della play station e del gioco del calcio in particolare, mi sono trovato bambini e adolescenti che emulavano gesti di tipo tecnico specifico, portandomi a faticare non poco per far capire loro differenza tra la tecnica reale e quella osservata nel gioco in virtù anche del fatto che di lì a poco tempo erano di nuovo davanti la consolle. In qualità di istruttori/allenatori, siamo obbligati a mettere l’allievo, (e genitori),a conoscenza di tali rischi, con la speranza che abbia una motivazione tale che lo induca a cambiare abitudine.

Internet ed emozioni

Se mi soffermo a pensare a come possa intaccare anche la nostra sfera emotiva non posso non rabbrividire nel riassumere quanto espresso dal prof. Galimberti nel libro “il libro delle emozioni”.

Descrive come le odierne tecnologie di comunicazione, dimostrano di impedire la circolazione delle nostre idee e dei nostri sentimenti in quanto, anche se siam convinti di essere liberi di esprimerci, per effetto della troppa esposizione della nostra intimità, (portando così alla perdita del pudore), nessuno ha più segreti per nessuno, e per tutti è identica l’esperienza del mondo dove persino le parole per descriverlo risultano uguali.

“Nessuno dispone più di contenuti propri da comunicare raggiungendo l’impossibilità nel distinguere realtà e apparenza perché tutto il mondo è diventato “rappresentazione”. In questo monologo colleJivo, l’anima di ciascuno risulta conforme alle altre.” Umberto Galimberti.

Alla stessa stregua di un bambino che comincia a instaurare relazioni di tipo affettive mediante giocattoli, orsacchiotti e animali, noi adulti ci garantiamo tali relazioni mediante i social, portandoci ad una progressiva infantilizzazione sia personale che della società. Dare in mano ad un bambino un apparecchio elettronico fin dalla tenera età pone il rischio altissimo di una mancanza dello sviluppo delle emozioni di tipo affettive, con tutto quello che ne consegue.

Se ti svegli alle quattro di notte e ti fermi a controllare i social e altre azioni simili siamo davanti a ciò che le ricerche americane hanno etichettato come “Internet addiction Disorder”, una patologia che ha le stesse caratteristiche della tossico dipendenza, del tabagismo, dell’alcolismo, del gioco d’azzardo, dell’attività sessuale irrefrenabile, dell’assunzione di cibo seguita da vomito, (vedi gli studi, sopra citati, della dottoressa Simone Kuhn). Queste caratteristiche sono riconoscibili in quanto portano ad un uso eccessivo di Internet per soddisfare, sul piano virtuale, quel che non si riesce ad ottenere nella realtà.

Nelle chat si rischia di essere catturati dal piacere di poter esprimere libertà e fantasia presentandosi con caratteristiche diverse da quelle reali. Questa possibilità di mentire senza conseguenze, (?) riconduce a quel vissuto infantile dove si sono sperimentati sentimenti di onnipotenza e di libertà illimitata compensando così tutte le frustrazioni a cui si va incontro nel mondo reale.

Chi chatta ha la possibilità di realizzare, anche se solo virtualmente, l’idea del proprio io e di sentirsi ciò che vorrebbe essere (senza riuscirci nella vita reale) portandolo a faticare a spegnere il computer.

Nulla di immenso entra nella vita dei mortali senza una maledizione – Sofocle

Riferimenti scientifici tratti da:

  • Principi di Neuroscienza – Erik Kandel
  • L’uomo che credeva di essere morto – Villayanur Ramachandran
  • Il cervello infinito – Norman Doidge
  • Il libro delle emozioni – Umberto
 
NOTE SULL’AUTORE:
Ezio Cascianelli
  • Istruttore qualificato: Scuola Calcio
  • Uefa B
  • Allenatore Portieri Dilettante e Settore Giovanile Allenatore Portieri PRO Coverciano
  • Seminario Neuroscienze Cognitive e sport di alto livello
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